Postulati della geometria proiettiva



Per postulato, o assioma, si deve intendere un enunciato riguardante i rapporti più elementari tra i concetti primitivi che rappresentano enti o operazioni non definiti perchè spiegabili con la sola evidenza dell'esperienza.

I postulati della geometria sono stati suddivisi in cinque gruppi ad opera del matematico tedesco David Hilbert (1862-1943), ed esposti nel 1899 nel libro Grundlagen der Geometrie (vedi la traduzione inglese The Foundations of Geometry, a pp. 2-16):
A - Postulati di appartenenza (o di associazione, o di incidenza).
B - Postulati di ordinamento (o di ordine, o di distribuzione); riguardono l'ordine reciproco di punti e rette e permettono in particolare di definire i "segmenti" una volta assegnati gli estremi.
C - Postulati di congruenza: regolano la possibilità di sovrapporre sia i segmenti sia gli angoli e fissano la proprietà transitiva di congruenza. (Facendo parte del programma di studio di altra disciplina se ne omette l'esposizione)
D - Postulati di parallelismo; è equivalente al V postulato di Euclide al quale si rimanda. La geometria proiettiva è del tutto indipendente dal V postulato sulle parallele.
E - Postulati di continuità: regolano la presenza di punti su un segmento in modo da non aversi interruzione.

Postulati di appartenenza
Con l'espressione appartenenza di due enti geometrici fondamentali di nome diverso si intende che i due occupano una medesima regione dello spazio: ad esempio un punto e una retta occupano la medesima posizione relativamente al punto ma, naturalmente, tutti gli altri punti della retta ne occupano una diversa.

Osservazione - L'appartenenza di un ente a dimensione minore dell'alto si esprime anche dicendo "sta su", ad esempio: un punto "sta su" una retta; un punto "sta su" un piano; una retta "sta su" un piano.
Se, invece, si parla dell'appartenenza di un ente a dimensione maggiore di un altro, allora si usa l'espressione "passa per", ad esempio: una retta "passa per" un punto, ecc.
Ma è evidente che si tratta dello stesso concetto geometrico.

Il principio di dualità viene espresso più efficacemente enunciando i postulati dell'appartenenza. Elencheremo, pertanto, le coppie di postulati di appartenenza dove, coppia per coppia, si trova espresso il principio di dualità, evidenziando in grassetto nero gli enti che nell'altro enunciato hanno il duale, e in grassetto blu gli enti che non cambiano.
1
Due punti distinti individuano una retta.
Due piani distinti individuano una retta.
2
Tre punti non giacenti su una stessa retta individuano un piano.
Tre piani non passanti per una stessa retta individuano un punto.
3
Un punto e una retta, che non si appartengono, individuano un piano.
Un piano e una retta, che non si appartengono, individuano un punto.
4
Se due punti stanno su un piano, essi individuano una retta che appartiene al piano.
Se due piani passano per un punto, essi individuano una retta che passa per il punto.
5
Due rette passanti per uno stesso punto individuano il piano che le contiene.
Due rette appartenenti a uno stesso piano individuano il punto per il quale passano.

Nomenclatura
Due rette incidenti si dicono anche complanari.
Due rette non incidenti e non complanari si dicono sghembe.
Ricordiamo che due rette parallele sono complanari e, per il principio di dualità, sono incidenti all'infinito.

Postulati di ordinamento
Gli elementi di una forma fondamentale di prima specie sono disposti secondo due sensi di percorrenza tra loro inversi in modo che:
1) fissati un elemento qualunque X della forma ed uno dei due sensi, esiste un ordine naturale per cui si può dire di due altri elementi qualsiasi quale viene prima e quale dopo, intendendo che tra quei due elementi ve ne sono infiniti altri e che non esiste un ultimo elemento;
2) i due ordini naturali di sensi opposti, aventi X come primo elemento, consentono di dire che se in uno dei sensi l'elemento A precede l'elemento B, allora nel senso opposto A segue B;
3) se su una forma vi sono due ordini naturali con lo stesso senso, pur potendo avere i due primi elementi distinti, ad esempio X ed Y, allora gli elementi dei due ordini si succederanno con lo stesso verso (ad esempio, i numeri naturali, 1, 2, 3, ecc., e i numeri pari, 2, 4, 6, ecc.).

Postulati di continuità
1) Archimede (287-212 a.C.) - Dati due segmenti, ripetendo un numero sufficiente di volte il più piccolo si ottiene un segmento maggiore di quello più grande. Tale postulato risale probabilmente ad Eudosso di Cnido (408 a.C.-355 a.C.) e al suo metodo poi chiamato metodo di esaustione.
2) Cantor (1829-1920) - Su ogni retta si trovano abbastanza punti, in modo che i punti della retta si possono mettere in corrispondenza biunivoca con i numeri reali. E' detto anche postulato di completezza lineare.
3) Dedekind (1831-1916) - La retta è continua, cioè "non ha buchi": fissata una qualunque partizione della retta in due insiemi A e B tale che ogni elemento di A è minore di ogni elemento di B, esiste sempre un punto X, detto elemento separatore, che "sta tra A e B", cioè è maggiore o uguale a ogni elemento di A e minore o uguale ad ogni elemento di B (formulato nel 1872).L'elemento separatore X può appartenere alternativamente o ad un insieme o all'altro.

Pur essendo l'enunciato di Dedekind il più sostanzialmente condiviso, vi sono anche altri enunciati sulla continuità (Hilbert, Peano, ecc.) ma, nel complesso, si rimarca come la retta, il fascio di rette e il fascio di piani, cioè le forme geometriche fondamentali di prima specie, si debbano considerate, per l'appunto, come forme "continue", cioè senza interruzioni, al pari del campo dei numeri reali R.
E' in questa accezione che la retta, comprendente anche il suo punto improprio (che è la caratterizzazione più pregnante della geometria proiettiva), assume la forma di una circonferenza di raggio infinito e, dunque, è una forma dotata di continuità nel senso che, iniziando da un suo punto qualsiasi, si può percorrerla in un verso con continuità per ritrovarsi, dopo aver oltrepassato il punto improprio e proseguendo, nella stessa posizione da cui si era partiti.
Per tagliare una retta proiettiva in due parti, infatti, occorrono due tagli e non uno solo come nel caso della retta euclidea.
Inoltre, mentre nella geometria euclidea per identificare un segmento di retta occorre indicare i suoi due estremi, ad esempio AB, nella geometria proiettiva, dal momento che la retta proiettiva è una linea chiusa che contiene il punto all'infinito, occorre indicare sia i suoi due estremi che un punto intermedio ad essi, altrimenti si genera ambiguità tra la parte di lunghezza finita e l'altra che invece, contenendo il punto improprio, è quella di lunghezza infinita.
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